chi era monsignor valentino vecchi?

Alla guida del seminario patriarcale per un decennio (1951-1961), parroco della più importante parrocchia di Mestre e Delegato del Patriarca nella Terraferma veneziana per quasi 23 anni (1961-1984): la vita di mons. Valentino Vecchi (Venezia 1916 – Mestre 1984), se paragonata ad alcune figure di sacerdoti italiani passati alla storia – Milani, Mazzolari, Turoldo, Giussani... – sembra meritevole di essere scritta in lettere minuscole. Eppure ha molti motivi per non essere dimenticata.

Mons. Vecchi attraversò infatti una stagione importante della storia italiana e della Chiesa: fu “amico” di due papi, Roncalli e Luciani, di alcuni ministri, Andreotti e Degan, di una vittima degli anni di piombo come Giuseppe Taliercio, di artisti come Felice Carena, Marco Novati, Alberto Viani, Gianni Aricò, di imprenditori come Vittorio Cini e Piergiorgio Coin. Ma è soprattutto nella ferialità della sua opera e della sua vicenda umana che si trovano le ragioni per tramandare il suo ricordo.

Da rettore del Seminario veneziano (nominato dal futuro Giovanni XXIII, con cui aveva una particolare intesa) fu un innovatore e un trascinatore: svecchiò il luogo della formazione dei preti appena in tempo, prima che la bufera del Sessantotto ne facesse crollare le pareti o relegasse all'insignificanza gli “operai di Dio”. Da parroco, ispirandosi alle migliori esperienze italiane ed europee, avviò iniziative pastorali inedite per l'epoca; seppe rendere protagonisti i laici, infiammò i giovani; e per ascoltare le sue prediche molti, persino credenti dubbiosi, si muovevano anche da fuori città.


Da delegato patriarcale cui era affidata la cura di una città del Nordest cresciuta troppo in fretta come Mestre, ha contribuito a far maturare negli abitanti un'identità cittadina e l'orgoglio di un'appartenenza. Ha provveduto a dotare il tessuto urbano, ricco solo di condomini anonimi venuti su come funghi, di strutture per la carità, la cultura, il tempo libero. Ha progettato soluzioni per una presenza della Chiesa veneziana al di là del ponte, che solo dopo decenni la diocesi è arrivata a far sue. Da membro della Procuratoria di San Marco ha contribuito a tutelare la basilica medievale veneziana che aveva studiato da giovane e in cui aveva pregato e celebrato al fianco di grandi patriarchi.

Era più spirituale degli spirituali, capace di trascorrere lunghi periodi nel deserto dell'Algeria o in quello di Giuda, per mettersi in ascolto di una voce che non è di questo mondo. Era più laico dei laici, nelle frequentazioni, nel modo di parlare, negli interessi. Più politico dei politici, non ha tuttavia mai fatto confusione tra il trono e l'altare. Amico dei potenti, viveva poveramente. Non disgiungeva carità e cultura, opere e studio. Quando i monsignori giravano in abito talare, lui preferiva una qualsiasi camicia; ma quando i confratelli hanno iniziato a indossare la tuta in fabbrica, lui ha continuato il suo lavoro a tempo pieno in canonica e nel Duomo.

La sua morte, dopo una malattia coraggiosamente – e persino pubblicamente – affrontata, ha illuminato ancora di più la sua vita. Il giorno del suo funerale, il 4 ottobre 1984, la città si fermò al passaggio del suo feretro. Non era scontato che, pur nel cuore del “bianco” Veneto, la “rossa” Mestre scendesse in piazza per dare l'ultimo saluto a un uomo di Chiesa. Ma mons. Valentino Vecchi era un sacerdote speciale, un prete la cui figura ha ancora molto da dire a chi vive oggi e a chi verrà domani.



Mons. Valentino Vecchi nasce a Venezia il 19 febbraio 1916 e rimane orfano del padre ad appena tre mesi di vita. Fin da bambino aiuta la madre Giovannina nelle attività che la donna metterà in piedi, facendo il carbonaio, il barista, il garzoncello, il materassaio. L'infanzia è una scuola di vita, perché sperimenterà la precarietà, l’essenzialità e il significato della provvidenza cristiana. A 10 anni Valentino entra nel Seminario patriarcale di Venezia. Rivelandosi sempre più bravo negli studi, viene ordinato prete il 2 luglio 1939, nella basilica della Madonna della Salute, dal card. Adeodato Piazza, allora Patriarca di Venezia.

Da giovane prete si dedica con passione all'insegnamento in seminario e in alcune scuole veneziane; contemporaneamente studia all'università, laureandosi prima in Lettere, poi in Filosofia a Padova. Ottiene infine la licenza in Teologia alla Gregoriana di Roma. Da esperto in storia dell'arte, segue spiritualmente gli artisti veneziani, divenendo amico di molti di loro.

Molto presto arrivano le prime grandi responsabilità: il Patriarca Agostini lo nomina nel 1951, a 35 anni, Delegato patriarcale per il Seminario, per sostituire il rettore ammalato. Quando fa il suo ingresso in diocesi il card. Roncalli, Vecchi viene da lui confermato, nel 1953, alla guida dell'istituto come rettore. Inizia allora una stagione di restauri e riforme, che trasformeranno il seminario in un luogo aperto e intellettualmente stimolante, con una scuola all'avanguardia nel panorama cittadino. Mons. Vecchi diventa l'uomo di fiducia del Patriarca per la realizzazione di importanti progetti immobiliari, ottenendo dal Demanio parte dei Magazzini della Dogana per espandere il Seminario.

E' il Patriarca Urbani, con il quale don Valentino aveva collaborato da giovane, che decide nel 1961 di trasferire mons. Vecchi a Mestre, come Delegato Patriarcale e parroco del duomo di San Lorenzo. Doterà così Mestre delle strutture pastorali che ancora mancavano, nel campo della carità, della cultura, persino del tempo libero. Inizia le trasmissioni della prima radio cattolica del territorio, sviluppa le attività del primo centro culturale mestrino, inventa un nuovo tipo di “oratorio” per i giovani, adatto ai nuovi tempi, nel quale si formerà parte della futura classe dirigente cittadina. Permette l'apertura del primo campo nomadi in città, crea nuovi uffici della Curia in Terraferma, fa sorgere nuove scuole e pensionati per le lavoratrici e gli studenti. Dà vita al primo consultorio matrimoniale e prematrimoniale della diocesi; fonda una scuola di teologia per laici; promuove iniziative di tipo artistico; fa sorgere persino una casa di spiritualità parrocchiale, vent'anni prima che la diocesi ne aprisse una sua.

 

In due occasioni compie dei lunghi “viaggi dello spirito”: prima nel deserto algerino, appoggiandosi ai Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld; poi in Terra Santa, dove vivrà dei lunghi esercizi spirituali erranti, per due mesi. Sarà un'esperienza che lo segnerà nello spirito, preparandolo all'ultima stagione della sua vita, in cui dovrà lottare contro la malattia: una prova affrontata con grande umanità e fede. L'intera comunità di San Lorenzo, a venti giorni dalla morte, è presente in chiesa quando il parroco riceve l'unzione degli infermi nella sua camera: dal suo letto terrà, in collegamento audio, l'ultima predica alla sua comunità. Lascia questo mondo la sera del 1° ottobre 1984.